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Cambiamenti climatici: cause, conseguenze e possibili soluzioni

03 giugno, 2021

di Alice De Luca

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Cosa sono i cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici sono tematiche all’ordine del giorno. Farebbero anche parte di un processo naturale, se non fosse che le attività umane hanno portato a squilibri tali da provocare gravi conseguenze. Nell’atmosfera, infatti, sono presenti diversi gas serra che di sé non sono dannosi, principalmente troviamo vapore acqueo (H2O), anidride carbonica (CO2), protossido di azoto (N2O), metano (CH4) ed esafluoruro di zolfo. Si tratta in effetti di gas di origine naturale da sempre presenti nell’atmosfera, che svolgono un importante ruolo nell’equilibrio termico del Pianeta. Il problema si verifica quando il loro equilibrio viene alterato: è esattamente quello che è successo nel corso dell’ultimo secolo.

Per farla breve: anidride carbonica e temperatura media globale sono connesse tra loro. Se salgono la concentrazione e le emissioni di CO2 nell’aria, aumenta anche la temperatura globale, provocando il noto fenomeno del surriscaldamento terreste, con gli annessi rischi e disastri ambientali. 

La percezione dei rischi ambientali

Molto probabili e di grande impatto. Così sono percepiti i rischi ambientali dalla maggioranza delle persone intervistate. Lo riporta il World Economic Forum nel Global Risk Report 2021. Al primo posto tra i pericoli globali che più preoccupano c’è il fallimento degli interventi per il clima. Ciò che più si teme, in particolare, è l’incapacità di governi e imprese di investire in adattamenti efficaci per il cambiamento climatico, in misure che possano preservare gli ecosistemi, proteggere le popolazioni e realizzare una transizione ad un’economia a emissioni zero.

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Cambiamenti climatici ed eventi globali

Se queste siano preoccupazioni fondate lo si potrà dire con certezza solo in futuro. Di certo però la strada che stiamo percorrendo non sembra la migliore per smentirle. Non lo era prima dell’ultimo anno e non lo è nemmeno ora. Tanto più che grandi eventi come la pandemia, le elezioni americane e la formalizzazione della Brexit hanno messo alla prova gli impegni di cooperazione internazionale su questioni globali come il cambiamenti climatici. Sarà soprattutto la crisi causata dalla pandemia da Covid-19 a rallentare fortemente i progressi fatti in ambito ambientale dal punto di vista internazionale. 

Il virus ha già avuto importanti impatti sul clima: le emissioni globali di CO2 sono diminuite del 9% nella prima metà del 2020, quando molte delle economie mondiali sono state costrette a fermarsi. Per raggiungere il traguardo di mantenere l’aumento del riscaldamento globale al di sotto di 1,5 C° rispetto ai livelli preindustriali, bisognerebbe continuare con questo trend ogni anno per i prossimi dieci anni. È un obiettivo difficile i cui precedenti non fanno ben sperare. Anche la crisi economica del 2008-2009, infatti, causò una flessione nelle emissioni, che tuttavia tornarono ad aumentare subito dopo.

Conseguenze dei cambiamenti climatici: la peggiore delle ipotesi

Per evitare sviluppi simili servirebbe uno sforzo collettivo per fare in modo che crescita ed emissioni non procedano di pari passo. A dimostrare quanto sia necessaria questa presa di posizione decisiva in campo ambientale e climatico è una pubblicazione dell’Energy Policy Institute dell’università di Chicago. Lo scenario a cui andremmo incontro se non intervenissimo è catastrofico. Per la fine del secolo ci sarebbero sette volte più giorni caldi (superiori ai 35° C) rispetto a oggi. Questo significherebbe che l’estate di quasi metà degli Stati Uniti sarebbe più calda dell’estate attuale di Egitto e India.

L’effetto a catena del riscaldamento globale

L’aumento delle temperature avrebbe impatti anche sull’economia e ricadute sull’agricoltura, danneggiata da ondate di calore e siccità. Giorni più caldi determinerebbero l’aumento di mortalità, una riduzione di produttività nel lavoro, danni alla biodiversità e una maggiore frequenza di eventi costieri estremi (maree, variazioni del livello del mare, cicloni e mareggiate). Anche il settore della produzione energetica nelle sue diverse forme risentirebbe dei cambiamenti climatici. Per fare solo qualche esempio, l’energia idroelettrica dipenderebbe dalla variazione della disponibilità d’acqua, l’energia solare dai livelli di radiazione e l’energia eolica dalla forza e dalla direzione dei venti. Tutte condizioni che rischiano di mutare assieme al clima. 

Il riscaldamento degli oceani, altra conseguenza dell’aumento delle temperature, ne provocherebbe l’acidificazione e la deossigenazione. Il conseguente degrado degli ecosistemi marini avrebbe ricadute negative sulla pesca, sulla biodiversità e sull’approvvigionamento alimentare. Lo scioglimento dei ghiacci influirebbe invece sugli equilibri degli ecosistemi e soprattutto causerebbe cambiamenti a livello idrologico e topografico. 

Inoltre è probabile che il cambiamento climatico aggravi notevolmente la scarsità d’acqua a livello regionale e globale, mentre in circa un terzo mondo potrebbe peggiorare l’entità delle inondazioni.

Necessità di un maggiore impegno internazionale

Questi sono, in estrema sintesi, solo alcuni dei rischi che corriamo. A peggiorare la situazione c’è il fatto che gli effetti di questi disastri non sarebbero percepiti ovunque in modo equo. Come la pandemia da Covid-19, così anche i cambiamenti climatici hanno avuto e hanno tutt’ora impatti squilibrati nei vari paesi, accentuando disuguaglianze ormai endemiche. Una speranza è che la Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UN Climate Change Conference COP26), rimandata a novembre 2021, possa essere l’occasione per impegnarsi in obiettivi più ambiziosi, regole più stringenti e investimenti nella transizione verde.

Ad ogni modo, credo che l’impegno, oltre che a livello internazionale, dovrebbe partire dal singolo individuo. Perché ogni nostra azione o spesa, anche la più semplice, ha un impatto sul Pianeta. Ad esempio, quando compri un caffè al bar produci 0,76 kg di CO2, che moltiplicato per tutti i caffè bevuti nel mondo è una bella cifra. Esiste un modo, allora, per ridurre il nostro impatto sul Pianeta? Sì, e lo si trova nell’app di Flowe: grazie al servizio Eco Balance* in partnership con Doconomy, stimano la CO2 prodotta dalle tue spese e la compensano piantando alberi.

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Fonti
Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – Agenzia per la coesione territoriale (agenziacoesione.gov.it) – World Economic Forum Global Risks Report 2021 (https://www.weforum.org/reports/the-global-risks-report-2021)

 

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